il Consiglio dei ministri, in attuazione della legge 11 gennaio 2018, n. 3, recante "Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute", all'articolo 1, comma 1, prevede una delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo specifico riferimento alla medicina di genere e all'età pediatrica;
il comma 4 del medesimo articolo prevede che gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, perché su di essi siano espressi, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;
ad 1 anno dalla pubblicazione della legge n. 3 del 2018 occorre rilevare che il sistema della ricerca clinica italiana, che attende da tempo misure urgenti e sostanziali per poter essere competitivo a livello internazionale, si ritrova con un intervento legislativo che affronta solo alcuni dei molti e importanti punti sottolineati dalla legge citata e se molte sono le omissioni e i rimandi a decisioni da prendere successivamente, ancora più stridenti appaiono alcune contraddizioni;
il decreto legislativo, recante "Modifiche al decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 200, di attuazione della direttiva 2005/28/CE recante "Principi e linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione a uso umano, nonché requisiti per l'autorizzazione alla fabbricazione o importazione di tali medicinali", adottato in attuazione della delega per il riassetto e la riforma della normativa in materia di sperimentazione clinica dei medicinali ad uso umano, secondo i criteri direttivi di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, lettere c), f), h) n. 4, n) ed o), della legge 11 gennaio 2018, n. 3", all'articolo 1, al comma 1, lettera e), recita testualmente: "Al fine di sostenere gli studi clinici osservazionali e le sperimentazioni cliniche senza fine di lucro, anche a basso livello di intervento, per il miglioramento della pratica clinica quale parte integrante dell'assistenza sanitaria, nonché per valorizzare l'uso sociale ed etico della ricerca, è fatto obbligo per il promotore di rimborsare le spese dirette e indirette connesse alla sperimentazione, nonché le eventuali mancate entrate conseguenti alla qualificazione dello stesso studio come attività senza fini di lucro, ivi comprese le potenziali entrate connesse alla valorizzazione della proprietà intellettuale";
la prima interpretazione che si può dare al suddetto comma è che da ora in avanti i promotori di ricerca no profit dovranno rimborsare tutte le spese, dirette e indirette, connesse alla sperimentazione, "Al fine di sostenere gli studi clinici osservazionali e le sperimentazioni senza fine di lucro". Ossia i costi della sperimentazione, di qualunque natura ed entità, ricadranno interamente su di loro, senza poter usufruire di nessuna agevolazione, sotto nessun profilo;
appaiono ambigue anche altre espressioni contenute nel testo, come ad esempio: sperimentazioni "a basso livello di intervento"; "spese dirette e indirette"; "valorizzazione della proprietà intellettuale";
non è, inoltre, chiaro perché i costi della ricerca indipendente vadano caricati tutti sul ricercatore, se effettivamente gli studi clinici osservazionali e le sperimentazioni cliniche sono orientate al miglioramento della pratica clinica, quale parte integrante dell'assistenza sanitaria; analogamente, se si vuole realmente valorizzare l'uso sociale ed etico della ricerca indipendente, non si capisce perché non la si debba finanziare adeguatamente;
d'altra parte il bando AIFA 2017 per la ricerca indipendente, recentemente pubblicato, aveva un budget complessivo di soli 7 milioni di euro da destinare alla ricerca farmacologica; cifra oggettivamente inferiore a quella di ogni altro Paese europeo;
se le cose stanno in questo modo: assenza di finanziamenti per la ricerca indipendente; costi, diretti ed indiretti, interamente caricati sulle spalle del ricercatore; allora bisogna considerare che ciò sarebbe la fine di una ricerca indipendente, che almeno in Italia, versa già in gravi difficoltà,
si chiede di sapere quale sia la posizione del Governo circa la corretta interpretazione dell'articolo 1, comma 1, lettera e) del decreto legislativo citato in premessa, anche a beneficio del dibattito in commissione, stante la probabilità che emergano gli aspetti contraddittori del decreto, da qualunque aspetto si intenda esaminarlo: scientifico, etico, assistenziale o economico.
l'emofilia è una malattia rara di origine genetica che colpisce soprattutto i maschi, causando numerose emorragie. Solo in Italia ne soffrono oltre 5.000 persone, mentre in Europa sono circa 32.000 quelle affette dal tipo A e B;
per affrontare le problematiche relative alla tutela dei soggetti con emofilia, intanto, il 13 marzo 2013 è stato sottoscritto l'accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla definizione dei percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da malattie emorragiche congenite (Mec), al fine di garantire loro qualità, sicurezza ed efficienza nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), riducendo così differenze ed iniquità di accesso alla diagnosi, alle cure e ai trattamenti;
tale provvedimento evidenzia la necessità di garantire un'adeguata presa in carico del paziente con Mec in tutto il territorio nazionale, riducendo differenze ed iniquità di accesso alla diagnosi, alle cure e ai trattamenti ottimali in base alle evidenze scientifiche, tenendo conto degli indirizzi per la definizione di percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da malattie emorragiche croniche;
ad oggi secondo la Federazione delle associazioni emofilici (FedEmo), solo alcune Regioni hanno dato seguito al documento, tra cui Piemonte, Liguria, Lazio ed Emilia-Romagna;
garantire quanto contenuto nell'accordo, dunque, oltre ad un'ottimale presa in carico del paziente emofiliaco, condurrebbe a una sicura razionalizzazione e a un più efficace controllo dei costi, oltre che ad interventi di politiche sociali che facilitino un loro inserimento professionale adeguato alle loro capacità e competenze. Infatti i traguardi terapeutici raggiunti hanno portato l'aspettativa di vita del paziente con emofilia ad essere paragonabile a quella della popolazione generale,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non reputi di verificare la reale applicazione dell'accordo e di conseguenza adoperarsi al fine di garantire un'adeguata ed uniforme presa in carico del paziente affetto da malattie emorragiche congenite su tutto il territorio nazionale, riducendo differenze ed iniquità di accesso alla diagnosi, alle cure e ai trattamenti ottimali, in base alle evidenze scientifiche e tenendo conto degli indirizzi esistenti per la definizione di percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da malattie emorragiche croniche.